RASSEGNA STAMPA

Mafia Capitale: la politica non parli, agisca

09.12.2014

da huffingtonpost.it

Mentre la magistratura completa il duro e complesso lavoro sulle infiltrazioni malavitose e il malaffare da estirpare nell'amministrazione pubblica della capitale, la politica anziché limitarsi al solito inutile plauso all'azione della stessa magistratura (ancora una volta arrivata prima), in queste ore ha il dovere di dire cosa fare e come per evitare che tutto ciò possa riaccadere in qualsiasi altra città.

Inizio col dire che sono abbastanza d'accordo con Raffaele Cantone quando sostiene l'ipotesi dell'inserimento della corruzione nelle previsioni del 416 bis sull'associazione mafiosa, inserimento fra le possibili modalità tipiche ma non in sostituzione della intimidazione. Per quanto mi riguarda è possibile fare questa modifica già domattina.

Le amministrazioni pubbliche, in particolar modo i comuni, hanno alcuni punti deboli nelle modalità di gestione degli appalti, primi fra tutti: la regola del massimo ribasso e le proroghe di servizi spesso giustificate da tempi stretti o emergenze. Dentro queste dinamiche si nascondono spesso comportamenti illeciti e diventano il terreno ideale per chi delinque sia fuori che dentro le istituzioni. E un buon amministratore sa, che dietro una revisione prezzi o dietro una proroga può nascondersi l'illecito. Chi lo sottovaluta o è un incosciente o un incapace. Si può decidere una volta una proroga eccezionale, ma se la proroga diventa la regola e si reitera il comportamento amministrativo, allora diventa inevitabile la perdita del controllo della stessa buona amministrazione.

Le gare al massimo ribasso sono un cancro che divora la libera concorrenza, l'equilibrio del mercato, la trasparenza delle procedure e l'efficacia degli interventi. Nato come strumento per far risparmiare le finanze pubbliche, il massimo ribasso è diventato la madre di tutte le corruzioni. Non possiamo fare finta di non vedere che in ogni inchiesta si annidano meccanismi perversi di aggiudicazione di opere e lavori a cifre irrisorie che poi lievitano naturalmente sulla base di autorizzazioni su autorizzazioni. L'abolizione del massimo ribasso dagli appalti pubblici consentirebbe di rimettere nel giro virtuoso le decine e decine di imprese che non si prestano al gioco di ricatti e prebende e soprattutto realizzerebbe uno dei sogni della gente onesta e cioè quello di rompere la catena della burocrazia che, se allungata all'infinito, diventa il cuore del sistema corruttivo. Più passaggi burocratici ci sono, più c'è benzina per la corruzione.

Sul massimo ribasso, occorre apportare meccanismi premiali al sistema di appalti, in modo tale che se un'impresa deve ottenere una maggiorazione di punti, ebbene ciò avvenga non perché corrompe il politico, il funzionario o il membro della commissione, ma perché offre alla comunità un'opera aggiuntiva o una manutenzione straordinaria. Dalla realizzazione di un asilo a quello di una scuola o di una strada o di un giardino in aggiunta all'opera da aggiudicare sulla base dell'appalto. In estrema sintesi, niente sconti ma opere di bene.

Basterebbe realizzare una graduatoria trasparente e accessibile a tutti sulla rete, dando la massima diffusione alle premialità e non pubblicando annunci il giorno prima di ferragosto o di Natale, anche per evitare quei fenomeni di creazione di cartello tra le varie imprese che altro non sono che una forma secondaria di organizzazione criminale, seppur in doppio petto.

Come inappuntabili appaiono spesso dall'esterno gli organizzatori professionisti di lavoratori precari in pseudo soci (spesso inconsapevoli) di cooperative. La funzione nobile di queste associazioni sarebbe quella di avere soci lavoratori ma spesso non accade e i dipendenti diventano ostaggi precari che non decidono nulla. Una degenerazione che va bloccata e che rovina le tante cooperative sane che consentono al volontariato del nostro paese di funzionare. Su questo terreno Roma è soltanto la punta dell'iceberg. Purtroppo sono tante le città che organizzano i servizi sociali con finte cooperative e senza gare d'appalto. La politica e il Parlamento hanno il dovere di intervenire con decisione, senza aspettare l'intervento della magistratura ordinaria o di quella contabile.

Il rispetto delle regole e un mercato trasparente restano il migliore antidoto alla corruzione. Per rottamarla, basta volerlo.

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