RASSEGNA STAMPA

Dai sindaci leghisti accuse ingenerose. Se non ci fosse lo Stato sarebbero crollati

22.03.2020
Intervista rilasciata a Monica Guerzoni, pubblicata sul Corriere della Sera ROMA Francesco Boccia, il governo ha perso il controllo dell`epidemia? «Non è così. I contagi riguardano soprattutto alcuni focolai del Nord. I risultati dell`ultima stretta, quella più faticosa e dolorosa, non li avremo prima della fine della prossima settimana». Il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha lanciato un disperato appello. Ce la farete a scongiurare il collasso del sistema sanitario nazionale? «È la grande battaglia di queste ore. Giorni fa avevo chiesto alle Regioni di essere solidali e di mettere a disposizione cento medici. Hanno risposto una decina di Regioni, offrendone una sessantina. Abbiamo cambiato schema e ci siamo rivolti direttamente ai medici. Siamo stati travolti dalle domande, quasi 8.000». Bergamo è allo stremo, 243 sindaci della provincia più martoriata implorano di fermare tutto, «ma davvero». E i primi cittadini della Lega accusano il governo di aver fatto cadere le loro richieste nel vuoto. È vero? «Non è vero, non si può buttarla in politica. Tutti sanno che la Lombardia è la priorità assoluta e che il rafforzamento del sistema sanitario nella nostra Costituzione resta esclusivamente regionale. Le critiche dei sindaci leghisti sono ingenerose. Se non ci fosse lo Stato sarebbero crollati. Nessuno, in una situazione come questa, può farcela da solo». Aveva ragione l`opposizione, quando chiedeva di chiudere tutto? Avete aspettato perché il governo è diviso tra linea dura di Speranza e cautela di Conte? «No, il governo è sempre stato compatto, c`è grande responsabilità e la consapevolezza che si sta chiedendo agli italiani qualcosa che non hanno mai fatto nella vita, restare a casa per diverse settimane. Non so se qualcuno della Lega ha la soluzione in tasca. Qui maestri non ce ne sono. Queste cose si possono fare con gli eserciti con costi molto alti, come accade in alcuni Paesi, oppure con il consenso sociale e la consapevolezza di un sacrificio collettivo, come stiamo facendo noi». Perché non siete riusciti a impedire la corsa alle ordinanze regionali? «Nessuno ha la soluzione in tasca e c`è una corsa a dimostrare di non essere responsabili di un eventuale problema. Le decisioni sui territori più sono omogenee, più si evita il caos. Su alcune competenze locali, dagli orari dei supermercati alla chiusura di alcune attività non di pubblica attività, molte Regioni non hanno voluto aspettare la mediazione dello Stato, che serve a evitare il panico». Le lunghe code ai supermercati indicano che gli italiani non si fidano? «Abbiamo sempre detto che i supermercati e gli ospedali con le rispettive filiere, dalle farmacie ai siti produttivi dell`agroalimentare, resteranno aperti, perché salvano vite e alimentano il Paese». Vi accusano anche di mandare medici e infermieri in guerra «a mani nude»... «Lo Stato, che si sta occupando di sanità perché c`è una emergenza, ha scoperto che la produzione di mascherine in Italia è sotto il fabbisogno. Ne servono 46 milioni al mese e noi ne produciamo pochissime. Con il commissario Arcuri stiamo facendo i salti mortali in giro per il mondo per arrivare a 30 milioni. E il 25 marzo, grazie a un accordo internazionale raggiunto dal ministro Di Maio, arriveremo a 46 milioni». La Lega, ma anche Renzi e Calenda, hanno chiesto le sue dimissioni per averla vista in diretta tv con quella mascherina appesa all`orecchio. «Sono basito, la cattiveria è negli occhi di chi guarda. Noi lavoriamo con quelle mascherine Montrasio, che vanno usate nei luoghi di lavoro». Perché allora quella polemica furibonda? «Secondo loro utilizzandola avrei irriso Giulio Gallera. Una polemica incredibile, visto che con l`assessore e con il presidente della Lombardia, Affilio Fontana, mi sento tutti i giorni e mi hanno ringraziato per i medici volontari. Ecco, se con Gallera io ho un rapporto cordiale e istituzionale e la polemica la fanno Renzi e Calenda, c`è qualcosa che non torna. Ma io li conosco, ci sono abituato».

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