RASSEGNA STAMPA

Gli attentati di Parigi non incidono sulla crescita, dirlo è un inutile alibi

01.12.2015

Intervista rilasciata ad Alessandro De Angelis pubblicata su Huffington Post

Francesco Boccia è alla sua scrivania, immerso nelle carte della legge di stabilità. Ha appena letto i dati dell’Istat, che fotografano un paese che non cresce: “Il terrorismo – dice - e il clima di questi giorni non c’entrano”. Due giorni fa il ministro Padoan aveva messo le mani avanti ipotizzando che il clima post 13 novembre poteva avere effetti negativi sulla crescita. Il presidente della Commissione Bilancio la pensano all’opposto: “Dire che dal 13 novembre, giorno dell’attentato di Parigi, l’impatto negativo incide sull’anno o è ingenuo o è un inutile alibi”. E a Renzi ricorda ciò che disse al precedente governo: “Non è con lo zero virgola che si cambiano le sorti economiche del paese”.

Dunque, Padoan aveva visto giusto. “La paura del terrorismo può pesare sulla crescita”?
Faccio una premessa. Non si può mettere in discussione il buon vecchio Pitagora e quindi, come è opportuno dare atto al governo che sul lavoro il trend di riduzione della disoccupazione è positivo e va sostenuto, così è necessario quando si parla delle tasche degli italiani e quindi del bilancio dello stato avere sempre come approccio quotidiano la cura del buon padre di famiglia. Sul Pil avevo ragione io quando dicevo in estate che avremmo chiuso allo 0,8. Nel 2015 il Pil è aumentato di quanto era stato previsto con la scorsa legge di stabilità. Poi, all’improvviso questa estate c’è stato un inutile moto ottimistico.

E ora c’è il pessimismo. Il terrorismo c’entra o no con i dati di oggi dell’Istat?
Il terrorismo e il clima di questi giorni non c’entrano. I portafogli industriali sono stati costruiti mesi fa, i programmi di investimento come le assunzioni sono state già decisi per tutto il 2015, i costi delle commodities soprattutto petrolio e gas non hanno subito contraccolpi e la finanza pubblica è stata tenuta sotto controllo attraverso l’ombrello protettivo della Bce. Dire che dal 13 novembre, giorno dell’attentato di Parigi, l’impatto negativo incide sull’anno o è ingenuo o è un inutile alibi.

E sul 2016?
La cosa più importante è che tipo di legge di stabilità facciamo, quanto redistribuiamo e come si muoverà il brontosauro Europa sulle questioni economiche rilevanti.

Stiamo ancora sui dati di oggi: nella legge di stabilità dello scorso anno era stato previsto lo 0,6 di crescita, poi in estate il governo aggiusta la previsione facendo approvare dal Parlamento una crescita allo 0,9. Ora l’Istat dice che non ci sarà lo 0,9.
Parafrasando il mio segretario di un paio di anni fa non è lo zero virgola che cambia le sorti economiche del paese. Cosa ci vuole per crescere? Primo: una poderosa operazione redistributiva accompagnata da una riduzione delle imposte che stiamo perseguendo. Secondo: un massiccio taglio della spesa pubblica improduttiva su cui siamo ancora troppo timidi; Terzo: un piano di investimenti pubblici che deve essere almeno del 3,5 per cento del Pil e che oggi è poco sotto il due per cento a causa di stupidi vincoli europei che, come giustamente diceva sempre il mio segretario due anni fa, andrebbero cambiati.

Si riferisce a quando Renzi parlava del patto di stabilità come del patto di stupidità invocando lo sforamento del tre per cento?
Lei ha sempre ottima memoria. Però deve consentirmi di aggiungere che quelle intuizioni erano giuste e su quella base nacque la sfida del nuovo Pd riformista e di sinistra che prese il 40 per cento alle europee. Di quei tre assi – riduzione delle imposte, nuovi modelli redistributivi e vincoli del patto di stabilità – va dato atto a Renzi che sulla riduzione delle imposte c’è. Ora va aiutato su tutto il resto.

La legge di stabilità in discussione non aiuta su tutto il resto.
Ricapitoliamo. La legge si stabilità è tra i 28 e i 30 miliardi, di cui 16,5 per coprire le clausole di salvaguardia, e il resto è per l’Imu e interventi su welfare, università e super ammortamenti. Diciamo che è un errore sia dire che è incostituzionale sia dire che è un nuovo miracolo italiano. È una buona stabilità in cui sarebbe opportuno redistribuire di più.

Invece di redistribuire sta cambiando la legge di stabilità inserendo dei bonus. Annunciati bonus alle forze dell’ordine, insegnanti, neo papà, neo mamme e studenti 18enni. È già tutto in stabilità?
Aspettiamo gli emendamenti del governo. La redistribuzione si fa dando a chi ha di meno e chiedendo un contributo a chi ha di più, non certo con i bonus. Ma, prima di giudicare, aspettiamo.

Sulle coperture l’ufficio bilancio della Camera e il Quirinale sono preoccupati. Non rischiamo di finire in procedura di infrazione con tutti questi bonus elettorali?
Al momento qui non è arrivato ancora nulla. Credo che il ministro dell’Economia si deve assumere la responsabilità di quello che arriva in Parlamento. In verità la domanda dovrebbe rivolgerla a lui, ma sono convinto conoscendo la sua correttezza che su tutto quello che trasmette c’è piena sintonia con Bruxelles. Sarei sorpreso del contrario.

Però Bruxelles non si è ancora espressa.
Dico solo che per quanto riguarda le mie responsabilità sono pronto a fare la mia parte affinché ogni cosa approvata si trasformi in un’opportunità per il paese e non in una zavorra.

Presidente Boccia, per concludere, mi tolga una curiosità. È vero che lei non ha voluto inserire il decreto ribattezzato dal premier happy days, ovvero il decreto che ha dentro di tutto, da Giubileo alle eco balle alla copertura dei disavanzi di Expo?
La mia sintonia con la ministra Boschi è totale, sulle strategie parlamentari. E francamente mentre il decreto banche ha un evidente impatto economico sul paese ed è facilmente ammissibile in una stabilità, l’happy days che a me ricorda più love boat per stare allo stesso immaginario era troppo vario per essere inserito nella stabilità.

Ma non ci sarebbe da dire una cosa molto più semplice a monte?E cioè che durante la legge di stabilità si tolgono dal tavolo tutti gli altri provvedimenti di spesa. L’anno scorso la Corte dei Conti invitò a rimandare la discussione sulla legge elettorale, che è anch’essa una legge di spesa. Quest’anno invece viene fatto il decreto happy days, tra l’altro 49esimo decreto in due anni. Le pare normale?
Senta, De Angelis. Io sto con 3mila emendamenti sul tavolo della legge di stabilità. Tutte queste curiosità possono essere soddisfatte negli altri palazzi. Io, le ricordo, non firmo né propongo decreti.

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